L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

PER SAPERNE DI PIÙ CI SONO UNA COLLANA DI LIBRI E UN BLOG IN VARIE LINGUE…

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mercoledì 30 dicembre 2015

LA «QUESTIONE PALESTINESE», di Pier Francesco Zarcone

Yerushalayim, Gerusalemme, al-Quds
PREMESSA

Trattando il presente articolo di storia e di politica vale la pena ribadire - contro un ricorrente equivoco - che non vi si troverà quel che non esiste: l'obiettività. O meglio, di essa pontificano solo le illusioni dei «benpensanti» educati dal filisteismo borghese, oppure (peggio ancora) la propaganda dolosa di quanti intendono mistificare per «obiettiva» la propria versione/interpretazione delle cose. L'obiettività è un miraggio, non foss'altro perché ciascun essere umano nel corso della sua vita affronta i problemi e le situazioni in base alle esperienze via via pregresse e inclusive di ciò che il filosofo Hans-Georg Gadamer (1900-2002) chiamò «pregiudizi», argomentandone tuttavia la non aprioristica negatività1. D'altro canto,
«chi scrive di Storia ha naturalmente concetti di natura ideologica e teorica più o meno approfonditi. Concetti di classe che rendono inevitabile il differente apprezzamento degli eventi. È lecito che chi scrive di storia abbia già in partenza un apprezzamento generale […]. Non è lecito che si cerchi e si citi, senza verificarne la verità, elementi che comprovino i suoi anteriori apprezzamenti. Tanto meno è lecito omettere, rigettare e combattere elementi di verità incontestabile, di segno contrario»2.
Altrimenti si ha partigianeria, mistificazione ben poco favorevole alla comprensione (propria e degli altri). Tuttavia si può essere di parte senza diventare partigiani. Ovviamente anche l'autore del presente articolo è di parte, in quanto nettamente ostile al sionismo (l'Ebraismo è una religione rispettabile come tante altre), il che oggi comporta l'automatica accusa di antisemitismo. Pazienza, non si muore per questo. L'autore semmai spera di non essere incorso nella partigianeria, scusandosene in anticipo qualora non ci fosse riuscito.
«Questione palestinese» è il nome ormai correntemente dato a una delle maggiori e infinite tragedie collettive dell'età contemporanea. Inutile cercarvi i «buoni» e i «cattivi», convertendosi spesso gli uni negli altri, e viceversa; più facile, invece, trovarvi le ingiustizie e le loro vittime, oltretutto mistificate dalla propaganda partigiana e manichea di matrice sionista, recepita dai grandi media come politicamente corretta e veritiera. Vittime dotate di solide ragioni, ma ancora con la dimostrazione che aver ragione senza avere la forza (compresa quella finanziaria) non serve a nulla. Vale la pena specificare la differenza fra essere vittime ed essere «giusti»; e quindi nel prosieguo dell'esposizione non ci sarà spazio per essi, dei quali d'altronde non si trova traccia in giro, per quanto sopravviva la speranza che sussistano davvero i 36 giusti di cui parla la tradizione mistica ebraica, reggitori spirituali delle sorti del mondo per evitare che sprofondi ancor di più nel caos. Ma, ahimè, costoro sono e restano in stato di mistico occultamento.

giovedì 17 dicembre 2015

ARMANDO COSSUTTA: LA REALPOLITIK DELLA BANDIERA, di «Sergio»

«Cossutta o non Cossutta, l'Ulivo è alla frutta». Così suonavano le conclusioni di un vecchio articolo di Giampaolo Pansa, a commento del naufragio della prima esperienza nazionale della coalizione di centrosinistra, due decenni fa. Correva il movimentato ottobre del 1998, e la (unitarissima) Rifondazione Comunista a salda guida Bertinotti-Cossutta stava per spaccarsi in due come una mela sulla questione del rapporto con il governo Prodi, portato al successo delle urne un paio di anni prima proprio dall'allegra ammucchiata ulivista.
Armando Cossutta - allora presidente di Rifondazione - separandosi in quel momento da Bertinotti fu l'artefice, in buona compagnia di Cossiga e Mastella, del salvataggio in extremis del centrosinistra a trazione PDS. Da allora in avanti, la sua nuova creatura (il Partito dei Comunisti Italiani) continuò invariabilmente ad essere e a concepirsi come l'appendice organica sinistra dell'area politica di centrosinistra; il suo confine sinistro, responsabile e "di governo", che assicurava stabilità e affidabilità al "campo progressista", opposto alle destre.

Da quel periodo è passata molta acqua sotto i ponti, e ai soggetti politici in questione (PRC e PdCI) nulla rimane dei fasti di allora. La Rifondazione Comunista bertinottiana, che per un tratto sembrò incarnare le aspirazioni di molti ad una vera presenza comunista e antagonista, finalmente slegata dal cappio dell'alleanza con i partiti borghesi, fu ben presto risucchiata, o per meglio dire ricondotta nell'alveo del centrosinistra, e quindi dell'inumazione dei propri stessi principi di esistenza politica. Nelle intenzioni di tutti i gruppi dirigenti della sinistra riformista, di ieri e di oggi, l'Ulivo era ed è tutt'altro che alla frutta.
Dove abbia portato questa storia è, oggi, cosa fin troppo facile a vedersi. Ma i primordi di quella stagione, il suo senso politico, pur nell'archiviazione successiva più o meno definitiva dei suoi singoli momenti e delle sue figure di riferimento (lo stesso Armando Cossutta è oggi sconosciuto ai più, e certamente ai militanti più giovani), continuano a riprodursi immodificabili nelle vicende e nelle logiche di quel che resta della sinistra italiana, anche in ambiti apparentemente più distanti da quelli dei diretti eredi dei protagonisti di allora.

domenica 13 dicembre 2015

SCHWARZ : SURRÉALISME ET RÉVOLUTION, AUSSI…, par Roberto Massari

IN DUE LINGUE (Francese, Italiano)
EN DEUX LANGUES (Français, Italien)

«Le surréalisme s’est formé sur une conception révolutionnaire de l’homme et du monde, à une époque où les visions traditionnelles de leurs rapports étaient enlisées dans la [Grande] guerre… En suivant des modalités propres, les surréalistes devinrent marxistes et freudiens, mettant l’accent sur la double révolution à accomplir : «transformer le monde» et «changer la vie». Ils pensaient pouvoir y parvenir au moyen d’une activité globale de créativité partant de l’individu, considéré à son tour comme une totalité, et en utilisant un instrument, la poésie, confondue avec l’activité spécifique de l’esprit. Cette permanence créatrice devait s’exercer dans la liberté inconditionnelle de la pensée et de l’action, hors d’une vision compartimentée de la vie et de l’art, et en vue de redonner à l’individu son intégralité».
Skira, 2014
Ainsi s’exprime Maurice Nadeau dans l’ajout de 1957 à son œuvre classique de 1944 (Histoire du Surréalisme, Seuil, 1964, p.189 et 190), œuvre qu’on peut considérer pionnière et de grande longévité, surtout de la part d’un auteur qui est mort à 102 ans en 2013. Il m’apparut lucide et en pleine activité quand je le revis à l’époque de son centième anniversaire.
Cette synthèse est à la base d’une tradition de pensée dans laquelle nous pouvons rattacher les thèses de fond et quelques réflexions substantielles d’Arturo Schwarz exposées dans son récent et imposant travail sur Il surrealismo. Ieri e oggi [Le surréalisme. Hier et aujourd’hui] (sous-titre : Storia, filosofia, politica [Histoire, philosophie, politique], Skira, 2014, 540p - plus CD). La volonté analytique - et en même temps polémique envers d’habituelles et infondées généralisations - est formulée par Schwarz en introduction, quand il affirme que le surréalisme est avant tout un «état d’âme», une conception de la vie libérée de toute contrainte externe ou interne, un hymne à la liberté même : pure et changeante comme le flux d’un fleuve dans lequel ce qui a été ne sera plus, et dont le trajet parcouru ne pourra pas conditionner les futurs et imprévisibles virages et accélérations du courant. Ces concepts sont repris au début du 4º chapitre (p.99, et également p.107) où il affirme que «le surréalisme est une autre philosophie de l’existence, une manière de penser, d’agir et d’analyser - dans tous les sens - l’individu, l’histoire et l’art».
Mais comme pour les fleuves dont il est toujours difficile de retrouver la source, cachée parfois à l’intérieur d’une colline ou sous un enchevêtrement de roches, pour le surréalisme il est également difficile d’établir une date de naissance officielle, même si est grande l’opinion que sa vie débute entre 1914-1918 - particulièrement en 1916 - sous le tas de ruines provoqué durant la première grande boucherie mondiale. Cette incertitude donne naissance à la vieille diatribe (de l’œuf ou de la poule) pour savoir qui est né en premier, Dada (le Dadaïsme de Tristan Tzara) ou le Surréalisme (fondé par Breton).
Le terme, proposé par Apollinaire, ne sera utilisé dans le sens spécifiquement surréaliste - comme création artistique fondée sur l’automatisme psychique, le rêve, sur la dérive (ce que reprendra le milieu situationniste) - qu’à partir de 1920 avec la revue Littérature. Pourtant on pourrait difficilement imaginer deux courants de pensée esthétiques, artistiques ou philosophiques (ou les trois ensemble) plus imbriqués, plus génétiquement entrelacés. Ce sont au contraire leurs différents développements et destins ultérieurs qui peuvent expliquer les incertitudes théoriques par rapport à leur commune origine, et leurs incompréhensions en sens théorico-spirituel et non nécessairement pratico-éditorial. Entre diverses motivations possibles, ce fut sans doute le genre d’engagement politique dominant parmi le groupe autour de Breton qui marqua une des premières séparations entre les surréalistes et le mouvement fondé par Tzara.

SCHWARZ: SURREALISMO E RIVOLUZIONE, ANCHE, di Roberto Massari

IN DUE LINGUE (Italiano, Francese)

«Il surrealismo si è formato su una concezione rivoluzionaria dell'uomo e del mondo, in un'epoca in cui le visioni tradizionali dei loro rapporti erano sprofondate nella [Grande] Guerra… Seguendo modalità particolari, i surrealisti diventarono marxisti e freudiani, portando l'accento sulla duplice rivoluzione da compiere: "trasformare il mondo", "cambiare la vita". Pensavano di poterci arrivare con un'attività globale di creatività a partire dall'individuo, considerato a sua volta come una totalità, e per mezzo di uno strumento, la poesia, che si confondeva con l'attività propria dello spirito. Questa permanenza creatrice doveva esercitarsi nella libertà incondizionata del sentire e dell'agire, fuori dai compartimenti della vita e dell'arte, e col desiderio di recuperare integralmente l'individuo».
Skira, 2014
Così Maurice Nadeau nell'aggiunta del 1957 alla sua opera classica del 1944 (Histoire du Surréalisme, Seuil, 1964, pp. 189 e 190), che si può considerare pionieristica e longeva ancor più dell'autore, morto a 102 anni nel 2013 - lucido e in piena attività come ci apparve quando lo incontrammo nei giorni del suo centesimo compleanno.
La sintesi sopra riportata è alla base della tradizione di pensiero in cui possiamo collocare anche le tesi di fondo o alcune riflessioni sostanziali che Arturo Schwarz espone nel suo nuovo imponente lavoro su Il surrealismo. Ieri e oggi (sottotitolo: Storia, filosofia, politica, Skira, 2014, pp. 540 - con CD allegato). L'intento analitico - e allo stesso tempo polemico verso usuali e infondate generalizzazioni - viene formulato da Schwarz in apertura, quando afferma che il surrealismo è fondamentalmente uno «stato d'animo», una concezione della vita libera da qualsiasi costrizione esterna o interiore, un inno alla libertà stessa: pura e cangiante come il flusso di un fiume in cui ciò che è stato non sarà più e il tragitto percorso non potrà condizionare le future imprevedibili svolte o accelerazioni della corrente. Concetti ripresi all'inizio del cap. 4 (p. 99, ma si veda anche p. 107), dove si afferma che «il surrealismo è un'altra filosofia dell'esistenza, un modo di pensare, di agire e di riflettere - in entrambi i sensi - l'individuo, la storia e l'arte».
Ma come per i fiumi non è sempre possibile ritrovare la sorgente, perché essa a volte si nasconde all'interno di un monte o sotto un cumulo di rocce, così per il surrealismo non si può stabilire una data di nascita ufficiale, anche se diffusa è l'opinione che esso abbia cominciato a vivere di vita propria tra il 1914 e il 1918 - con particolare visibilità nel 1916 - sotto il cumulo delle rovine provocate dalla prima grande carneficina mondiale. Di qui la vecchia diatriba (del tipo l'uovo o la gallina) se sia nato prima Dada (il Dadaismo di Tristan Tzara) o il Surrealismo (fondatore Breton).
Il termine fu coniato da Apollinaire, ma sarà usato in senso specificamente «surrealista» - cioè riferito a una creazione artistica fondata sull'automatismo psichico, sul sogno, sulla derive (quale verrà ripresa in àmbito situazionista) - solo a partire dal 1920 nella rivista Littérature. Ma difficilmente si potrebbero immaginare altre due correnti di pensiero estetiche, artistiche o filosofiche o le tre cose insieme, più vicendevolmente condizionantesi, più geneticamente intrecciate. Sono invece i loro diversi sviluppi e destini che possono spiegare le incertezze teoriche riguardo alla loro comune origine, da intendersi in senso teorico-spirituale e non necessariamente pratico-editoriale. E fra le varie possibili motivazioni fu certamente il tipo di impegno politico prevalente tra i collaboratori raccolti intorno a Breton, a segnare in primo luogo una divaricazione dei surrealisti dal movimento fondato da Tzara.

sabato 12 dicembre 2015

ECOCIDIO EN CURSO, por Marcelo Colussi

La actividad productiva del ser humano, imprescindible para su sobrevivencia, modifica el medio ambiente. Esa es una característica distintiva básica que nos diferencia de todo el reino animal: nuestro trabajo va creando un mundo nuevo, “artificial” podría decirse: desde la primera piedra afilada por el Homo Habilis hace dos millones y medio de años hasta las estaciones espaciales que circundan el planeta, ese proceso nunca se ha detenido, y no se ven motivos para que suceda.
La productividad humana crece; eso siempre ha sido así, y sumado a los cambios que experimenta el clima a lo largo de los años, de los siglos o de los milenios, el medio ambiente en que nos movemos como especie sufre modificaciones a las que debemos ir adecuándonos.
Pero algo está sucediendo desde hace un par de siglos, que no puede explicarse solo por razones naturales. En estos últimos 200 años los cambios en el clima han sido abrumadoramente dramáticos. Todas las evidencias científicas así lo atestiguan.
Catástrofes derivadas de la obtención de recursos necesarios para la vida no son nuevas en nuestra historia; el agotamiento de selvas o de tierras cultivables por la sobre-explotación marcan el paso del Ser Humano por el planeta (pensemos en el agotamiento de la gran cultura maya en nuestras tierras, por ejemplo). Sin embargo, desde que entra en escena el capitalismo con su Revolución Industrial, la producción cambió radicalmente: se empezó a producir no sólo para satisfacer necesidades sino, ante todo, para vender, para obtener lucro económico. En otros términos: se comenzaron a “inventar” necesidades, pues todo pasó a ser mercancía. Todo, absolutamente todo se comienza a hacer para el mercado: la salud, la educación, la espiritualidad, el sexo, la diversión, etc.
Debe quedar claro que el cambio climático por efecto del calentamiento global es un proceso natural que comenzó hace 12,000 años atrás a partir del retiro de la última glaciación, luego de lo cual se pudo llegar a la agricultura y a la domesticación de los primeros animales, transformándose el Ser Humano de nómada en sedentario. Surgió ahí el establecimiento fijo de sociedades agrarias con una producción excedente, a partir de lo que nacen las aglomeraciones humanas basadas en la propiedad privada con clases antagónicas. Desde ese entonces ya conocemos la historia: las clases poseedoras defienden a muerte (¡a muerte!) su propiedad, y la “violencia” se ha transformado en la “partera de la historia” (ningún cambio en las relaciones de poder ha sido –ni parece que pudiera ser– pacífico). Quien tiene, quien se siente poseedor, se resiste a ceder lo que considera propio (propietario de los medios de producción, el varón de las mujeres, etc.)

giovedì 10 dicembre 2015

DESAPARECIDOS, CHIAMATEMI BERGOGLIO, di Roberto Massari

Da vari decenni i desaparecidos argentini chiamano Jorge Bergoglio (Provinciale dell'ordine dei Gesuiti al momento della loro morte), ma lui continua a non rispondere. E ora, anche da papa, Francesco non sembra intenzionato a chiedere perdono per il comportamento suo e dell'alta gerarchia cattolica negli anni di maggior ferocia dei militari al potere (1976-79, nel quadro di una dittatura durata dal 1976 al 1983). Quelli furono anche gli anni più propizi per la sua carriera ecclesiastica: fu infatti Provinciale - la massima autorità nazionale dei gesuiti - proprio dal 1973 al 1979, l'anno in cui al vertice della Celam a Puebla si batté in prima linea nella condanna della teologia della liberazione. A partire da quell'anno fatidico, la sua carriera fu tutta in salita, fino ad arrivare dove sappiamo.
In questi giorni è in uscita un film - Chiamatemi Francesco, diretto da Daniele Luchetti e prodotto da Taodue, di proprietà del gruppo berlusconiano Mediaset - che torna su quelle tragiche vicende, col preciso impegno di assolvere papa Francesco proprio in relazione a ciò che fece (e soprattutto non fece) negli anni peggiori della dittatura. Non trascura nemmeno le accuse specifiche riguardo al sequestro di due suoi confratelli (Jalics e Yorio) che furono subito rivolte contro di lui dai diretti interessati e poi riprese agli inizi di questo millennio in due libri del celebre giornalista Horacio Verbitsky (entrambi tradotti in italiano dalla Fandango, anche se ben pochi lo sanno, visto che su questi due libri vige la più ferrea congiura del silenzio).
Si tratta di un'operazione cinematografica un po' maldestra di camuffamento delle responsabilità di Bergoglio, anche se il film non esita a mostrare una parte della colpa che ebbe la gerarchia cattolica per i massacri di quegli anni terribili. Il film, infatti, compie un'operazione politica molto precisa: mentre abbandona l'alta gerarchia cattolica argentina al giudizio della Storia (visto che le sue colpe sono indifendibili e comunque appartenenti a un sempre più lontano passato), allo stesso tempo tenta disperatamente di salvare il soldato Bergoglio (in fondo era pur sempre un subordinato, un gesuita sottoposto a disciplina quasi militare nei confronti del suo Superiore, Pedro Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983).
Va però detto che anche la denuncia delle responsabilità della Chiesa nel film è tendenziosamente insufficiente, visto che non compare mai il nome del numero uno della gerarchia cattolica che fu il maggior complice dei militari: Pio Laghi, nunzio apostolico in Argentina dal 1974 al 1980. Per avere un'idea del suo ruolo (oggetto di polemiche anche in ambienti cattolici), basti dire che con il generale piduista Massera giocava a tennis, mentre nel Paese scomparivano ad opera dei militari circa 30.000 persone, molte dopo indicibili torture e trattamenti disumani d'ogni genere.

mercoledì 9 dicembre 2015

“AQUÍ SE ENTREGA LA SOBERANÍA”: ENTREVISTA A DOUGLAS BRAVO, por Víctor Amaya

Presentamos a nuestros lectores dos textos que contienen puntos de vista contrapuestos sobre la naturaleza del gobierno de Maduro.
La entrevista a Douglas Bravo es anterior a las elecciones, mientras que el artículo de Marcelo Colussi (argentino radicado en Guatemala) es posterior. Ambos textos han sido precedidos en estos últimos años por análisis y artículos de sus respectivos autores, que reflejaban las actuales consideraciones. No son por lo tanto dos artículos improvisados. Y ya tanto Douglas como Marcelo son miembros de la Redacción internacional de Utopía Roja.
Estamos orgullosos de poder dar este ejemplo de pluralidad, es decir de la posibilidad de expresar divergencias (inclusive muy fuertes, como en este caso) entre compañeros que comparten una misma perspectiva revolucionaria, aún teniendo formaciones políticas e ideológicas diferentes. Este ejemplo es dado cada día solamente por Utopía Roja, pero debería ser la norma para todos aquellos que aún consideran posible combatir para abatir al capitalismo y al imperialismo a nivel mundial. [Roberto Massari por la Redacción italiana de UR]

Octogenario y aún esperanzado en ver un nuevo orden político en el mundo, Douglas Bravo hace de su apartamento en Parque Central un búnker para las ideas. Rodeado de libros, prensa, documentos y archivos, observa a Venezuela ya no en sí misma sino como parte de la dinámica global. De espíritu aún guerrillero -el más famoso de la historia local y el último en desmovilizarse- asegura haber documentado buena parte de la historia no contada de las luchas políticas venezolanas.
Recuerda a Hugo Chávez como un amigo, a pesar de que su paso por el Partido de la Revolución Venezolana (PRV) fue fugaz, de haber traicionado ideologías, de haberse adelantado el 4 de Febrero y quitarle el carácter civil a la rebelión, de haberse convertido en un mandamás explotador de petróleo contaminante, y de haberlo hecho preso en 2009. “Pero tengo carácter coriano”, dice. La amistad va por encima de las confrontaciones políticas. Lo sabe porque acumula amigos de todos los signos políticos, antes y ahora. Mientras, sigue leyendo y escribiendo, y asegura que es posible un Tercer Camino, como denomina a su propuesta. Tiene ganas de revolución.

En febrero 2009 habló de un “sacudimiento popular”. En abril de este año habló de “la rebelión de la muchedumbre”. ¿Eso llegará?
Esas declaraciones se corresponden con un momento estelar grandioso que vive Venezuela y el planeta. No se trata de una revuelta para producir cambios solo de un gobierno, sino de crear una nueva civilización. Esa revuelta que viene es una ruptura con todo lo establecido.
¿Qué tanta influencia tendrá el venezolano en un proceso así?
Aquí gobernó el Pacto de Punto Fijo por 40 años y fracasó la concepción del llamado “mundo occidental” dirigido por Estados Unidos. Chávez es producto de muchas cosas, impulsado por las emociones del 27 de Febrero, que se capitalizaron negativamente con otro pacto: el del marxismo estalinismo. Han fracasado dos modelos mundiales, el de Estados Unidos y el del marxismo capitalizado por Rusia. La gente se da cuenta por la miseria. Los dos modelos del capitalismo occidental y oriental han fracasado en Venezuela.
¿Entonces a dónde vamos?
A una nueva civilización. Vendrán movimientos, contra este gobierno, habrá sacudimientos sociales. Venezuela está en posibilidad, por esas fracturas de modelos, de producir un tercer camino, una tercera fuerza.

DERROTA ELECTORAL EN VENEZUELA. ¿Y AHORA?, por Marcelo Colussi

Presentamos a nuestros lectores dos textos que contienen puntos de vista contrapuestos sobre la naturaleza del gobierno de Maduro.
La entrevista a Douglas Bravo es anterior a las elecciones, mientras que el artículo de Marcelo Colussi (argentino radicado en Guatemala) es posterior. Ambos textos han sido precedidos en estos últimos años por análisis y artículos de sus respectivos autores, que reflejaban las actuales consideraciones. No son por lo tanto dos artículos improvisados. Y ya sea Douglas que Marcelo son miembros de la Redacción internacional de Utopía Roja.
Estamos orgullosos de poder dar este ejemplo de pluralidad, es decir de la posibilidad de expresar divergencias (inclusive muy fuertes, como en este caso) entre compañeros que comparten una misma perspectiva revolucionaria, aún teniendo formaciones políticas e ideológicas diferentes. Este ejemplo es dado cada día solamente por Utopía Roja, pero debería ser la norma para todos aquellos que aún consideran posible combatir para abatir al capitalismo y al imperialismo a nivel mundial. [Roberto Massari por la Redacción italiana de UR]

El hecho de titular el presente texto como “derrota” ya marca la posición ideológica desde donde lo hacemos. Para mucha gente, en Venezuela y en el resto del mundo, esto es un “triunfo”. Pero, ¿qué triunfó en las elecciones parlamentarias del domingo 6 diciembre? Para esa lógica –que no es la nuestra, que quede claro– triunfó un discurso conservador, que se resiste a los cambios, que ve en el pobrerío en la calle y con cuotas crecientes de poder un verdadero problema. Un discurso, en definitiva, que transpira un profundo odio de clase, no importa si viene de la alta oligarquía, de la Embajada de Estados Unidos o de la clase media, eternamente confundida.
Decir que triunfó “la democracia”, que ganó “el país” o que fue un triunfo “de todos los venezolanos”, no pasa de un barato juego de palabras insulso, hasta frívolo si se quiere. Quizá a un presidente en funciones, al menos cuando se mueve en la lógica de elecciones dentro de esquemas capitalistas como es el caso de Nicolás Maduro, no le queda más alternativa que repetir esas vacías frases hechas. Lo cual ya da una pista de lo que queremos decir: las elecciones del domingo no se salieron un milímetro de un marco capitalista. ¿Y el socialismo del siglo XXI?
No hay dudas que la derecha puede estar de fiesta, más aún después del triunfo del conservador Mauricio Macri en las elecciones presidenciales recién pasadas en Argentina. La idea es que “se comienza a restaurar” la tranquilidad perdida estos años, en los que fuerzas progresistas con talantes reformistas marcaron parte del ritmo político de muchos países en Latinoamérica.
La Revolución Bolivariana no fue derrotada en Venezuela; pero definitivamente sufrió un revés grande, pues pierde la mayoría en el Parlamento, con lo que se abre un nuevo escenario político. Está claro que el discurso de derecha avanzó. Es evidente con los resultados electorales: si no, dos tercios de los legisladores antichavistas no hubieran sido elegidos para esta Asamblea.

sabato 5 dicembre 2015

«POET OF THE WORLD» ASHRAF FAYAD CONDENADO A MUERTE POR APOSTASÍA

Alla Redazione di Utopia Rossa.

Cari compagni e compagne,
ricevo la notizia di un altro attentato alla libertà di coscienza da parte del fanatismo religioso. In questo caso il fanatismo è islamico, ma non mancano esempi recenti di fanatismo cattolico, ebraico, protestante e addirittura di culti tribali africani (che essendo più vicini alla natura dovrebbero anche avere maggiore rispetto per gli esseri umani). Oltre a colpire la libertà di coscienza, qui si colpisce la libertà artistica che è parte importante della libertà di coscienza e a volte (rare volte) la trascende.
Personalmente non vedo utilità a firmare appelli, di qualsiasi natura e per quanto giusti essi siano. Preferisco impegnarmi direttamente per la causa rivoluzionaria, cioè per l'autodifesa della specie a fronte dell'incapacità del capitalismo a farvi fronte. Sono però favorevole ad aiutare la circolazione di questo appello.
Potrei aggiungere che sono membro del World Poetry Movement (Movimiento Poetas del Mundo) da vari anni e che quindi ho una ragione in più per esprimere la mia solidarietà a chi lotta per la salvezza di Ashraf Fayad. Non lo conosco personalmente, ma a lui mi sento vicino per quel tramite meraviglioso e utopico rappresentato dalla poesia.
Domani, a Ostia Antica, durante il Festival della Rocca dei Poeti (affiliato al World Poetry Movement), leggeremo alcune poesie del nostro collega minacciato di morte e qualcuna gli dedicheremo. Non è così che lo salveremo, ma contribuiremo nel piccolo a far circolare il suo messaggio poetico, prolungando così di una goccia la sua esistenza all'interno del grande oceano dell'umanità.
Roberto Massari

ARABIA SAUDÍ ORDENA LA EJECUCIÓN DEL POETA PALESTINO ASHRAF FAYAD POR RENEGAR DEL ISLAM

Fayad ha sido condenado a muerte por un tribunal de Arabia Saudí por apostasía -es decir, negación del Islam-, cargo que el autor ha desmentido de manera categórica.
La verdadera causa parece ser la crítica que encierra su libro Instrucciones en el interior (2008), su influyente posición en la renovación del arte saudí y, también, que grabó imágenes de torturas por parte de la policía religiosa del régimen. Durante el proceso, se ignoró su derecho a disponer de un abogado, y el juez ni siquiera habló con él. Las discriminaciones y el maltrato procesal son habituales en Arabia Saudí con los refugiados palestinos como Fayad.
Riad ha aplicado la pena capital a más de 151 personas este año, la mayoría por decapitación, convirtiéndose en uno de los mayores ejecutores a nivel mundial. Esta cifra supera ya el total de ejecuciones registradas en un solo año en el reino árabe en 1995.
Bajo la ley saudí, los delitos como violación, asesinato, apostasía, robo a mano armada y tráfico de drogas pueden ser castigados con pena de muerte, y varias personas han sido ejecutadas también por acusaciones de brujería.
El Movimiento Poetas del Mundo ha lanzado una campaña para salvar a nuestro poeta, miembro honorífico de nuestra organización que cuenta en sus filas con 46 poetas palestinos y con más de nueve mil poetas a nivel mundial.

LLAMAMOS A TODOS NUESTROS MIEMBROS A FIRMAR LAS PETICIONES QUE CIRCULAN PARA SALVAR LA VIDA DE NUESTRO COMPAÑERO

mercoledì 2 dicembre 2015

FESTIVAL DELLA POESIA NEL BORGO DI OSTIA ANTICA (affiliato al World Poetry Movement)

LE LETTURE POETICHE SARANNO SVOLTE DA L. Argentino, E. Benigni, M. Bernini, S. Congiu, P. Cordaro, D. Giancaspero, R. Massari, G. Massaroni, M. Massaroni, G. Napolitano, A. Ottomana, A. Pantoni, S. Pasquali, D. Ricco, B. Sabatini, E. Serafini, T. Teixeira de Siqueira, E. Venditti

martedì 1 dicembre 2015

ENCONTRO COM ROBERTO MASSARI (FUNDAÇÃO INTERNACIONAL ERNESTO CHE GUEVARA), por Carlos Pronzato

DVD de 20 minutos / 2015

Roberto Massari é editor e escritor italiano, fundador e presidente de la Fundação Ernesto Che Guevara (em Acquapendente, província de Viterbo, Itália). É considerado o principal estudioso do Che na Itália. Da Fundação fazem parte alguns dos principais estudiosos do Che no mundo. Nesta entrevista realizada em Acquapendente em outubro de 2014, Roberto Massari fala da importância da Fundação e do Che Guevara.

Carlos Pronzato é escritor e cineasta/documentarista independente argentino radicado no Brasil. Nos seus filmes retrata os conflitos sócio-políticos latino-americanos e as insurgências populares atuais, além de se debruçar sobre aspectos históricos e culturais fundamentais do continente. Alguns de seus filmes são: “Carabina M2, uma arma americana, Che na Bolívia”, “O Panelaço, a rebelião argentina”, “Bolívia, a guerra da água”, “Buscando a Salvador Allende”, “Madres de Plaza de Mayo, memória, verdade, justiça”, “La Rebelión Pinguina, estudiantes secundaristas chilenos contra el sistema”, “Mapuches, un Pueblo contra el Estado”, “Carlos Marighella, quem samba fica, quem não samba vai embora”; “A Partir de Agora, as Jornadas de Junho no Brasil”, entre muitos outros realizados no Brasil e no exterior.
Catálogo: www.lamestizaaudiovisual.blogspot.it

R.M.: Vamos visitar o local da Fundação Che Guevara que fica em Acquapendente e ali você verá tudo o que temos.
Estamos entrando em Acquapendente que fica na província de Viterbo e é também a última grande cidade de Lazio antes de entrar na região da Toscana.
Decidimos colocar a Fundação aqui em Acquapendente porque na época havia um prefeito cujo nome é Tolmino que ainda hoje é membro da Fundação e na época pertencia ao Partido Comunista Italiano. Era um prefeito muito popular escolhido pela maioria da população e que tinha simpatia por Che Guevara. Então conseguimos um local gratuitamente num parque de Jogos Infantis onde chegaremos em breve.
A Fundação foi criada em 1998 aqui em Acquapendente num ato público. No início eram todos italianos, agora não. A Fundação conta com personagens bolivianas, cubanas, polonesas, francesas… Da França temos o Michael Löwy que os latino-americanos o chamam de “Maichel” Löwy. Michael Löwy é fundamental porque o primeiro livro no mundo que foi escrito sobre o pensamento de Che Guevara foi escrito por ele que apareceu na França em 1970, “O Pensamento de Che Guevara”. Então Michael Löwy é membro do Comitê Internacional assim como Carlos Soria Galvarro que é o principal estudioso boliviano do Che junto a Humberto Vázquez Viaña, que infelizmente morreu há pouco tempo. Humberto Vázquez e Carlos Soria representam a totalidade do conhecimento que temos sobre o Che Guevara na Bolívia.

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

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a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

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a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.