L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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sabato 16 gennaio 2016

CHIAMATEMI FRANCESCO - IL PAPA DELLA GENTE (Daniele Luchetti, 2015), di Pino Bertelli

a Camilo Torres,
che è stato ucciso per la conquista della dignità degli ultimi,
con la Bibbia in una mano e nell'altra il fucile.

Se la beneficenza, l'elemosina, le poche scuole gratuite, i pochi piani edilizi, ciò che viene chiamato "la carità", non riesce a sfamare la stragrande maggioranza degli affamati, né a vestire la maggioranza degli ignudi, né ad insegnare alla maggioranza di coloro che non sanno, bisogna cercare mezzi efficaci per dare tale benessere alle maggioranze.
(Camilo Torres)

La macchina/cinema è l'istupidimento dei popoli al tempo della civiltà dello spettacolo… lo spettacolo è l'autoritratto del potere, il suo monologo elogiativo, che usa la paura, il terrore, le guerre, i mercati… nella gestione totalitaria delle condizioni di esistenza. Il solo papa buono è quello morto, diceva. Il film di Daniele Luchetti, Chiamatemi Francesco, incensa il Papa della gente dalla giovinezza all'ascesa al soglio pontificio. Quando Dio lo chiama a sé, il giovane Bergoglio vorrebbe andare in Giappone (forse a convertire le farfalle di carta velina), ma l'Ordine dei Gesuiti al quale appartiene lo nomina Provinciale della Compagnia di Gesù e negli anni della dittatura militare (1976-1983) è uno dei massimi esponenti della gerarchia cattolica in Argentina.
A ritroso. Nel corso del Consiglio episcopale latinoamericano di Medellín (Colombia, 1968) sono messi in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica della chiesa dei poveri e nasce la Teologia della liberazione… Gustavo Gutiérrez (peruviano), Hélder Câmara, Leonardo Boff (brasiliani) e Camilo Torres Restrepo (colombiano) si battono per un cambiamento radicale della società e si trovano in contrasto con il magistero della Chiesa cattolica. Molti teologi assunsero posizioni radicali contro le dittature militari e i regimi repressivi in America latina e mostrarono che il potere è inseparabile dall'ingiustizia.
La Teologia della liberazione sosteneva, a ragione, la liberazione politica e sociale, cioè l'eliminazione delle cause immediate di povertà e ingiustizia… la liberazione umana, cioè l'emancipazione dei poveri, degli emarginati, degli oppressi da tutto ciò che limita la loro capacità di sviluppare se stessi liberamente e dignitosamente. Per mettere in pratica i precetti cristiani verso la causa degli ultimi, gli esclusi, chi non ha voce né volto… il presbitero Camilo Torres attacca il crocifisso al calcio del fucile e fonda il Fronte Popolare Unito… muore in battaglia il 15 febbraio 1966 a Patio Cemento (Colombia). La megalomania dei conventi e i fasti dei palazzi poggiano sul delirio di grandezza e chi non accetta la propria nullità o servilismo è ritenuto un malato di mente o un insano ribelle e va emarginato, imprigionato o ucciso.
I teologi della liberazione furono oggetto di processi delle gerarchie ecclesiastiche… papa Giovanni Paolo II e il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Ratzinger, furono i principali accusatori e distruttori di una chiesa che dava ai poveri la parola e non solo la miseria, la galera o la morte in cambio del paradiso in cielo. Le religioni sono strumenti di illusione e di oppressione, sempre… dietro un santo si cela un idiota o un macellaio… si venera una divinità inesistente invece di buttare altari, incensi e sermoni in una discarica… ogni stupidità ha i suoi teatri… le religioni si nutrono di menzogne e all'ombra liturgica dei monoteismi trionfano schiere di carogne.
In questi anni di turbolenze sociali, di cambiamenti profondi della società spettacolare… il giovane Bergoglio fa il buon soldato della Compagnia di Gesù e quando il suo Superiore, Pedro Arrupe (Preposito Generale della Compagnia di Gesù), gli dice di espellere dall'ordine due padri che lottavano nelle periferie insieme ai poveri, il reverente Bergoglio obbedisce. Mentre si dice messa nella cappella privata del dittatore Jorge Videla (soprannominato l'Hitler della Pampa), i suoi sgherri imprigionano, torturano e uccidono gli oppositori del regime… Videla sarà condannato a due ergastoli e 50 anni di carcere per crimini contro l'umanità, tra i quali l'assassinio di oltre 30.000 desaparecidos… avrebbe meritato di essere appeso per le palle a un campanile o dato in pasto ai maiali per ciò che ha commesso… invece è morto soltanto nel 2013, con quella faccia da scemo in divisa e baffetti da topo di fogna. Il fucile e l'aspersorio sono sempre andati d'accordo.
Il film di Luchetti non è agiografico né niente, se non un telefilm noioso, falso e banale… sembra quasi che il regista non conosca i film che hanno trattato (certo in maniera disuguale e a volte anche un po' oleografica) gli anni della dittatura con ben altre intenzionalità, come La storia ufficiale di Luis Puenzo (1985); La notte delle matite spezzate di Héctor Olivera (1986); La morte e la fanciulla di Roman Polanski (1994); Garage Olimpo (1999) e Figli - Hijos di Marco Bechis (2001); Immagini di Christopher Hampton (2002); Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977 di Adrián Caetano (2006) o Complici del silenzio di Stefano Incerti (2009)… ciò che qui si accusa in Chiamatemi Francesco è che si assolva e non si dica che tutte le religioni, come tutti gli stati, sono dispositivi oppressivi e lesivi della dignità degli uomini.
Il cinema come arma di liberazione nasce in America latina con autori come Glauber Rocha (brasiliano), Jaime Humberto Hermosillo (messicano), Tomás Gutiérrez Alea (cubano), Miguel Littin (cileno), Fernando E. Solanas e Octavio Getino (argentini), tanto per fare qualche nome… Solanas e Getino sono autori di un documentario importante, dedicato a Ernesto Che Guevara, L'ora dei forni (1968), che dopo il ritorno al potere di Perón fu rimontato, la parte finale sull'assassinio del Che tagliata via e al suo posto vi furono incluse cronache d'ordinaria attualità. L'ebbrezza del successo è contagiosa, è una formula che ha fatto vittime illustri, come l'attitudine a servire la ferocia di ogni potere.
Chiamatemi Francesco è un film sbagliato… Bergoglio non ha mai tentazioni rivoluzionarie… nasconde seminaristi (e giovani insorti), si occupa di portare borse di frutta e verdura a giudici licenziati per attività in difesa dei diritti umani, va ad allevare galline nella campagna argentina, piange per le torture subite dai padri gesuiti e pensa che con la preghiera e la misericordia di Dio (e qui si cade nel ridicolo) si possono combattere le angherie dei militari… ora non importa qui dissertare sugli scritti del giornalista Horacio Verbitsky, né ricostruire la connivenza della Nunziatura apostolica argentina con la dittatura di Videla per mostrare la complicità tra la Chiesa di Roma e i criminali di Buenos Aires… basta appunto vedere il film di Luchetti… involontariamente il regista mostra l'inerzia di Bergoglio, l'incapacità di trasgredire ordini ingiusti, la supponenza tutta cattolica di riconoscere all'uomo i suoi peccati e a Dio il compito di giudicarli o assolverli.
Chiamatemi Francesco è la biografia patinata di un uomo amorfo che diventa papa… il soggetto (dicono le schede per la stampa) è tratto dall'autobiografia di Jorge Mario Bergoglio (?!), alla sceneggiatura partecipano il produttore Pietro Valsecchi, Luchetti e Martín Salinas, argentino. I quadretti sono didascalici, prosaici, mostrano quanto sia difficile promuovere un idolo (in apparenza dimesso) e non cadere nella genuflessione (come è successo a Luchetti). Il giovane Bergoglio (1961-2005) ha la faccia un po' ebete di Rodrigo de la Serna… il candore che emana è quello delle lavandaie popolari, una sorta di aura farisea che tormenta solo i santi, gli assassini e gli istrioni in formato grande. Il Bergoglio vescovo dei poveri è interpretato con leggerezza da Sergio Hernández, un attore cileno (un po' ingessato): dopo questa interpretazione dice che la sua vita è cambiata interiormente… l'apoteosi del vago è completa, c'è anche il miracolo!?… l'idiozia è di rigore. Gli angeli e i banditi hanno i loro capi e i loro servi. Le religioni sono un veleno, una via di fuga verso il regno della stupidità.
Nel film di Luchetti i vescovi mangiano pasticcini, abitano in palazzi sontuosi e se ne fregano altamente delle mattazioni dei ribelli argentini… c'è perfino il cardinal Tarcisio Bertone che fa il cardinale, cioè l'uomo di fede in stato di grazia per la ricchezza di una religione che è l'ultima parola di una società che si spegne (ma questo Luchetti non lo afferma né lo sottintende, come avrebbe invece fatto Luis Buñuel in tutta la sua opera). Il montaggio, la fotografia, la scenografia, la musica… celebrano il pittoresco… e quando Bergoglio è eletto papa da una manica di vecchi ippopotami vestiti di rosso, lo scrupolo della decenza viene meno… l'angelo sedizioso della povertà è servito. L'ultima inquadratura è riservata al vero papa Francesco che saluta i fedeli con un semplice «Buonasera». A stento tratteniamo il vomito.
La faccia un po' avvinazzata di questo papa dello stupore e della meraviglia - che si porta addosso la sua schiera di fiere e sfoggia talenti dialettici da profeta in preda a visioni etiliche - aleggia in tutto il film… un papa che si è perfino accorto che il Vaticano è un covo di serpi e nei suoi sorrisi di lebbroso gesuita riesce a capire che prostitute e bravacci sono parte del suo gregge. Un papa malato di speranza, di perdono e di compassione per tutti gli esclusi, che non comprende che quel letamaio è una tribuna e il suo trono una corona di sputi, un papa in odore di santità che sposa tutti i partiti e tutte le opinioni… predica la pace e le sue banche fanno affari con i mercanti d'armi, parla di austerità e i suoi vescovi rubano le offerte ai poveri, denuncia il capitalismo parassitario ed è il capo di una religione che ha santificato il fascismo, il nazismo e i genocidi a favore dei dividendi delle borse internazionali. Che bello! Un papa che dispone di quella gradevolezza francescana (un altro fuori di testa d'incommensurabile grandezza e consumato commediante) che si fa voce di Dio e millantatore esacerbato di rivelazioni messianiche che continuano a infagottare le lacrime dei poveri nell'estasi della menzogna.
L'architettura filmica di Chiamatemi Francesco mantiene un profilo basso, quasi intimo… ci sono la fede di Bergoglio, le torture del potere, i voli della morte dei desaparecidos buttati dagli aerei militari nel Río de la Plata, la protervia inveterata del clero… tuttavia ogni cosa è tenuta ben controllata, senza recare molto disturbo alle famiglie che affluiscono nei cinema (e alla fine applaudono alzandosi in piedi)… l'indignazione è soffocata a favore della santità dell'uomo Bergoglio… il film coglie il record dello sbadiglio universale. Come per la maggior parte dei registi (non solo) italiani, le verità di Luchetti cominciano da un conflitto con il potere e finiscono col farsi sostenere da esso… è un vizio caro a quanti hanno creduto che la stoltezza della croce, i gulag dei regimi comunisti o la partitocrazia dell'infamia fossero la mangiatoia e non la nullità della Storia.
Il silenzio assordante degli intellettuali nell'epoca della paura è responsabile dell'ottimismo moderno… la guerra continua… le bombe sono la parola imposta dalla civiltà consumerista… profughi, migranti, fuoriusciti da terre concimate con il sangue dell'innocenza sono gratificati nei telegiornali, nelle preghiere, nei proclami dei partiti, nella carità delle associazioni, nell'arte e nel retroscena di un'ossessione - quella del saccheggio di terre ricche - sprofondati nella rassegnazione o consolati con la speranza o l'integrazione nella società liquida, che è una virtù da schiavi. I più disperati figurano ostilità irrimarginabili e il terrore che commettono non può che produrre altro terrore. Non ci sono guerre giuste, né guerre sante, né umanitarie… la pace si fa con la pace. Maledette le guerre e i bastardi che le fanno.
La creazione, l'opera, il gesto dell'arte sono atti necessari o invito alla crescita della diversità, della libertà, della rivolta contro la filosofia/economia dell'assurdo che poggia il proprio successo sull'apologia della merce, sul consenso generalizzato e sul crimine costituito. La cultura dominante assopisce la conoscenza, la conoscenza ridestata decostruisce i prontuari e le vetrine dell'egemonia politica. Il dramma dell'intelligenza investe i poeti maledetti di ogni arte e i passatori di confine di tutte le insurrezioni libertarie e liberatrici della perduta umanità.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 19 volte dicembre 2015

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

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a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.