L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

PER SAPERNE DI PIÙ CI SONO UNA COLLANA DI LIBRI E UN BLOG IN VARIE LINGUE…

ČESKÝDEUTSCHΕΛΛΗΝΙΚÁENGLISHESPAÑOLFRANÇAISPOLSKIPORTUGUÊSРУССКИЙ

venerdì 9 settembre 2016

NÉ TORINO NÉ MILANO: TORNIAMO ALL'AMORE PER I LIBRI, di Roberto Massari (Massari editore)

Ci sembra utile e opportuno rilanciare sul blog le parole con cui Roberto Massari - in questo caso l'EDITORE - ha risposto al questionario sul Salone del Libro propostogli dal giornalista Gaetano Farina, con la speranza di poterle pubblicare su alcune testate on-line collegate a quest'ultimo (Affari Italiani, Linkiesta, Articolo 21 e Prima Comunicazione), ma anche su quotidiani come La Stampa, la Repubblica o Il Fatto Quotidiano.
La risposta è lapidaria e offre uno spaccato di come la società dello spettacolo abbia trasformato e modificato geneticamente manifestazioni «culturali» come il Salone del Libro.
Del medesimo autore e sugli stessi argomenti si veda anche, in questo sito, il saggio «Contro l'editoria o editoria contro?». [la Redazione]

Dalle «stelle»…
1) Non parteciperò al Salone di Torino, né a quello di Milano perché anche questo difficilmente riuscirà ad eliminare gli aspetti più orrendi di quello di Torino. Sono entrambi figli della società dello spettacolo (per giunta italiana) e devono quindi sottostare alle sue regole. Non si vede perché un salone del libro - nell'Italia attuale e con il panorama indecente di forze politiche che la dominano - dovrebbe sfuggire alle regole della società spettacolare di massa (dominio televisivo sui libri, grandi celebrità come specchietto per le allodole, ricerca ossessiva di guadagno sul posto ecc.).
2) Come editore ho partecipato con un mio stand al Festival di Torino nel 1995 e nel 1996. Poi non ci ho più messo piede dopo aver visto che a) i grandi editori usavano il loro stand come un supermercato del libro, con tanto di cassa contabile per incamerare guadagni impensabili per una qualunque loro normale libreria. b) Le grandi presentazioni che attiravano pubblico erano sempre con personaggi celebri in campo televisivo, anche se in genere inadeguati culturalmente per il campo teorico sfiorato dal loro libro.
3) Per 12 anni ho partecipato con un mio stand al Più Libri più Liberi di Roma, perché mi sembrava che il punto a) non vi avesse preso piede. Finché mi sono reso conto che invece il punto b) era più vivo che mai. E quindi mi sono tirato via anche di lì. Mi rimane un certo affetto e stima ancora per il Pisa Book Festival, dove vado ogni anno dagli inizi. Non mi perdo invece le fiere locali (piccole o piccolissime), quando lo stand è gratuito e trovo il tempo per andarci.
4) Prima di abbandonare Torino feci una prima proposta (tramite Antonio Monaco, sempiterno rappresentante dei Piccoli editori, con cui all'epoca ero in ottimi rapporti), e cioè che il costo dell'unità di spazio degli stand fosse proporzionale all'incasso realizzato dagli editori nell'anno precedente. Insomma, arrivare a quasi zero per i piccoli editori e moltiplicare alla grande il costo per i grandi editori. Sarebbe del resto questo l'unico modo per non far gravare sui piccoli editori (che i soldi ce li perdono) il costo dei guadagni che realizzano i grandi editori nel corso della Fiera. Fu inoltrata la mia proposta a chi di dovere e poi mi fu detto che Guido Accornero l'aveva ripagata di un sorrisetto. In fondo quel sorrisetto valeva più di mille parole.
5) Gli anni sono passati, ogni tanto sono riandato a visitare la Fiera di Torino provandone sempre disgusto, anche perché ho potuto costatare che i limiti di allora si sono incancreniti. Oramai è diventata la sagra paesana del provincialismo italiano più gretto e più televisivo che si possa immaginare. Un editore di qualità non può che starne fuori. Le poche nobili eccezioni finiscono ovviamente col naufragare nel mare del conformismo più becero. E spesso servono solo di copertura.
6) Credo ancora nei grandi eventi editoriali. Ho sempre avuto un'alta considerazione della Fiera del Libro di Francoforte (dove una volta sono stato presente anche come autore). La loro regola che i libri non si possono vendere (se non l'ultimo giorno per non portarli via oppure alle presentazioni) mi sembra una misura igienica preliminare e indispensabile. L'Italia dovrebbe cominciare a fare lo stesso: vedresti che fuggi-fuggi da parte dei grandi editori.
7) Un grande evento non potrà mai rappresentare un «arricchimento dell'offerta culturale», ma basterebbe che ne rappresentasse la sintesi. Vale a dire, che riuscisse a far emergere ciò che di meglio viene prodotto nei singoli generi letterari (a partire dalla saggistica - suddivisa per temi - e non dall'inflazionante narrativa), e non ciò che si vende di più.
Ecco, questo criterio ormai genetico della società spettacolare di massa, per cui conta il libro che più si vende e non quello che racchiude maggiore qualità (autoriali, ma anche redazionali, editoriali ecc.), è l'esatto contrario di ciò che richiederebbe l'offerta culturale. Per un paese provinciale, arretrato e traumatizzato dall'impiego di tutte le nuove tecnologie visuali come l'Italia, si dovrebbe praticamente ricominciare da zero. E questo nessuna Fiera del Libro riuscirà mai a proporselo. Figuriamoci a realizzarlo.

… alle «stalle»
Gentile Gaetano Farina, avrà visto che si tratta di uno sfogo. Ne faccia l'uso che vuole, ma non alteri il senso di disprezzo e rifiuto che come editore provo per quasi tutta la grande editoria italiana. Basterebbe leggere le dichiarazioni che i responsabili di queste case editrici famose hanno rilasciato ai giornali in questi giorni. Una pena infinita.
Saluti,
Roberto Massari

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.