L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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lunedì 1 maggio 2017

ANCORA SU GRAMSCI, TROTSKY E LA NOI, di Roberto Massari

A continuazione del discorso affrontato con lo scritto dello scorso 27 aprile («E se Gramsci, oltre che stimare Trotsky, lo avesse anche capito?»), riproponiamo un ulteriore contributo di Massari: il testo era originariamente apparso nel mensile del Pdac Progetto Comunista (n. 42, ottobre-novembre 2013, p. 12) come commento all'articolo di Francesco Ricci «A proposito del "quaderno scomparso": Gramsci tradito», pubblicato nel n. 40 - giugno 2013 - della stessa rivista, ed era stato ripreso a suo tempo in questo blog. [la Redazione]

Foto segnaletica di Antonio Gramsci nel carcere di Formia, 1933
Caro Francesco [Ricci],

riguardo al tuo articolo su Gramsci non posso che essere generalmente d'accordo e anzi, stimolato da te, sono andato a comprarmi L'enigma del quaderno di Lo Piparo1 e l'ho subito divorato. Penso invece che tu non abbia colto bene lo spirito della mia introduzione al Bollettino della Noi, quando scrivi:
«Non ci convincono le conclusioni di Massari, che tende a ridimensionare i gravi errori di Gramsci (pur riconoscendoli) e che finisce col sostenere […] che in sostanza la stessa Noi, e cioè la prima forma di trotskismo in Italia, nacque sotto il segno di Trotsky e Gramsci. Conclusione zoppicante, perché Tresso e gli altri fecero appunto ciò che Gramsci non fece […] cioè si schierarono con Trotsky e dunque proseguirono con lui "l'ultima battaglia di Lenin", quella contro la degenerazione burocratica dell'Internazionale comunista». Anche se prosegui riconoscendomi di essere stato il primo a richiamare l'attenzione su «questa differenziazione tra vari periodi di Gramsci».
Penso che rileggendo a freddo le righe che hai scritto ti accorgerai anche tu della sfasatura temporale che c'è nelle tue cortesi critiche al mio riguardo. Sfasatura che riguarda non solo la seconda metà degli anni '30, quando la Noi diventa sezione italiana del nascente movimento per la Quarta internazionale. Leonetti farà da segretario (o perlomeno da riferimento politico-organizzativo diretto per Trotsky) fin quasi alla fondazione, per poi tirarsi via. Tresso parteciperà invece alla fondazione della Quarta e rappresenterà il trotskismo dopo il 1938 fino al suo assassinio.
Ebbene, tutto ciò nel 1929-30 è ben lungi dall'accadere o dal potersi immaginare. E se quindi è vero che Gramsci in carcere non parteciperà a questo processo positivo di costruzione di un'alternativa allo stalinismo-togliattismo, è anche vero che non parteciperà ad altro e le sue posizioni in carcere, nel bene o nel male, non avranno alcuna conseguenza diretta sulla politica dell'età sua contemporanea. L'avranno molto di più nel dopoguerra.
Ma la sfasatura riguarda anche il periodo di formazione della Noi. Dico alcune cose, andando a memoria e quindi col beneficio di poter sbagliare qualche data. Ma importa la sostanza.

1) La Noi si manifesta nel 1929-30, cioè nel pieno del cosiddetto Terzo periodo (ultrasinistro) dell'Ic. La sua battaglia in Italia si svolge ancora su due fronti: da un lato ci sono i bordighisti, che continuano a non capire niente della natura del fascismo e della necessità del fronte unico per sconfiggerlo, e dall'altro ci sono, come chiamarli, i «togliattiani», che tali sono solo perché diventati anche stalinisti, ma che al momento sembrano convergere oggettivamente in alcune cose con il bordighismo. La Noi deve combattere contemporaneamente contro la stalinizzazione e contro l'ultrasinistrismo del Terzo periodo. La degenerazione staliniana è avanzatissima. Dal mio punto di vista (a posteriori) posso dire che invece era completata integralmente, ma di questo purtroppo Trotsky si stava rendendo conto solo parzialmente, visto che ancora si illudeva di poter riformare il Pcr, l'Ic e di conseguenza i partiti stalinizzati - nel 1929 (!), col Gulag ormai avviatissimo, la distruzione di qualsiasi opposizione e di qualsiasi fermento operaio, dopo la tragedia in Cina e l'avvio dello sterminio dei popoli sovietici con la collettivizzazione forzata…
Ebbene, nonostante ciò, nel 1929-30 della Quarta internazionale non si parla come progetto e nemmeno come sogno; e dello stalinismo si ha ancora una definizione come… «centrista»: sic e ahimè. (Un errore tragico di Trotsky che costò la distruzione fisica quasi integrale della massa dei suoi sostenitori in Urss.) Non si deve pensare però che altri dirigenti politici stessero dicendo o facendo di meglio. Laddove sulla maggiore o minore lucidità di comprensione - rispetto a Trotsky - della vera natura dello stalinismo da parte di singoli intellettuali non impegnati nella battaglia organizzativa si può discutere e si continua a discutere, ma solo a fini storiografici: i loro errori o le loro «intuizioni» non ebbero conseguenze politiche di rilievo.
Massari editore, 2004
La degenerazione è da Trotsky considerata parziale, con tutte le conseguenze organizzative che conosci o che si possono immaginare. In quegli anni, infatti, si compì definitivamente la nostra sconfitta. Ma non certo solo per gli errori di analisi che in quel periodo paralizzarono il pensiero politico di Trotsky. C'era la montagna di precedenti da prendere in considerazione, sia per la natura centrista del Partito bolscevico (che per chi si richiama alla teoria della rivoluzione permanente dovrebbe essere un'ovvietà), sia per ciò che era accaduto nelle prime settimane dopo il trionfo della rivoluzione d'Ottobre (nascita della Čeka, desautorazione dei comitati di fabbrica, esclusione dal governo e liquidazione degli altri partiti soviettisti, scioglimento della Costituente e di fatto scioglimento dei soviet - perché a maggioranza socialrivoluzionaria). Ma di questo non è il caso di parlare qui e ora e comunque ho già affrontato le varie questioni nel passato.

2) Nel contesto del 1929-30 la Noi trova normalissimo raccogliersi intorno a due numi tutelari e non uno: sulla prospettiva generale e mondiale sta con Trotsky; sui compiti della rivoluzione in Italia sta con Gramsci (che a sua volta era stato «istruito» da Trotsky e Lenin su cosa si dovesse fare in Italia a fronte del fascismo). Questi fino al momento dell'arresto non fece alcuna importante dichiarazione «antitrotskista» e agli occhi della Noi aveva almeno tre meriti (che io esamino con una certa attenzione nel mio lavoro da te citato): a) aveva capito e accettato in precedenza (1922-24) le posizioni fondamentali e giustissime di Trotsky sull'Italia (che si rifletteranno ideologicamente nelle Tesi di Lione tanto odiate dai bordighisti) e probabilmente sapevano anche loro che a Mosca e a Vienna Gramsci era diventato un ammiratore (molto superficiale, in verità, ma pur sempre…) della teoria della rivoluzione permanente; b) era certamente vaccinato rispetto al bordighismo; c) era sicuramente contrario alla politica suicida del Terzo periodo. Tieni conto che perlomeno Leonetti conosceva benissimo Gramsci sul piano personale e non aveva certo bisogno della postuma biografia di Giuseppe Fiori2 per sapere come la pensasse riguardo al Terzo periodo, pur stando in carcere. Contatti diretti non ne avevano più, ma i vari (pochi) membri della Noi potevano immaginare cosa Gramsci pensasse del Terzo periodo. E noi sappiamo oggi che effettivamente allora ebbero ragione.

I gravi errori di Gramsci li ricostruiamo noi oggi (non ne fa cenno nemmeno Tresso nel 1937…). Errori che erano di formazione ideologica, che si riflessero nei Quaderni, ma che non furono subito conosciuti e tantomeno operativi. Come ricordi anche tu, l'arresto a partire dal 1926 mise Gramsci in condizioni di non capire, quindi di non essere più utile, ma anche di non essere poi così dannoso come si potrebbe pensare. Anche per questo nel 1929 la Noi poteva richiamarsi apertamente e legittimamente a lui in polemica con la politica del Terzo periodo applicata all'Italia. Lo fece in tutto il Bollettino e Leonetti ancora celebrava Gramsci in un articolo del 1934 da me posto in appendice allo stesso Bollettino, proprio a dimostrazione del radicato gramscismo nella prima fase di vita della Noi.
Nel 1934 - prima di dissolversi di fatto - la Noi trovava giusto e necessario essere ancora gramsciana e trotskiana allo stesso tempo. Né alcuno in campo rivoluzionario ebbe motivo di rimproverarle tale posizione, a partire da Trotsky stesso (questo silenzio di Trotsky su Gramsci credo vada preso in maggiore considerazione di quanto in genere facciano i trotskobordighisti). Il bordighismo italiano - che ancora deve farsi perdonare di non aver mai capito nulla delle vicende italiane di allora, successive e postbelliche - ha cercato in tutti i modi di contrapporre l'immagine del Gramsci di allora a quella di Trotsky (e non solo del Trotsky post-1933), ma si tratta di un falso storico operato a posteriori sulla base di informazioni che all'epoca (dal 1926 in poi) non si avevano.
(Piccolo inciso. Non so se tu sai che io definisco da sempre Marco Ferrando come «trotskobordighista», dando a questa definizione un tono assolutamente negativo, se non addirittura caricaturale. Non posso dire lo stesso di Grisolia a causa della sua provenienza mentale e ufficiosa dal lambertismo, cioè dall'estrema destra, opportunista e ridicolmente «ortodossa», del movimento trotskoide. Come il trotskobordighismo e il lambertismo si siano potuti saldare così stabilmente rimane per me ancora un fatto incomprensibile o spiegabile solo in termini psicologici, non certo politici.)
È in fondo il dramma che mi pare di aver accennato anche in quel mio testo (che ora non ho il tempo di rileggere), e cioè che mentre Gramsci aveva torto sul Comintern e ragione sulla situazione italiana (l'Italia del fascismo trionfante e degli anni '20!), Bordiga aveva completamente torto sull'Italia, ma ragione in termini astratti e puramente ideologici su Trotsky e sulla necessità di lottare internazionalmente contro lo stalinismo (sul come e il quando sarebbe tutto da discutere). A volte mi sorprendo a pensare che quella sfasatura ideologica (Gramsci-Bordiga-Trotsky) la stiamo ancora pagando. E che forse, se Gramsci fosse sfuggito all'arresto, la stalinizzazione avrebbe avuto in Italia e in lui un serio ostacolo (anche se probabilmente gli assassini del Pci e della Gpu lo avrebbero ucciso direttamente, e non solo indirettamente come fecero impedendo che uscisse dal carcere). Ma forse esagero. Anche perché ormai viviamo un'epoca di piena psicopatologia politica, di separazioni personalistiche o puramente organizzativistiche, e non ci troviamo più nel cuore di contenziosi ideologici fra correnti riconosciute del movimento operaio che fu.
Potrei aggiungerti a questo punto che scrissi quel testo dopo anni di intensa e umana frequentazione di Leonetti (Antonella Marazzi può dire lo stesso e forse di più), di consultazione di suoi materiali d'epoca, di incontri a casa sua con testimoni ancora vivi. E quindi le cose che ho lì scritto non le ho apprese solo dai libri, ma anche dalla sua viva voce.
Tu mi potresti rispondere che Leonetti aveva tutto l'interesse a mentire, visto che poi nei primi anni '60 tornerà nel Pci, umiliato e pentito. Argomento retroattivo, già ascoltato da suoi denigratori e di assai dubbia validità, che non tiene conto del lato umano (onesto, ingenuo e in fondo molto dolce) di Leonetti e comunque non inficia la componente documentaria all'epoca disponibile in gran parte presso di lui. Per ragioni di età oggi si ignora generalmente che la ripresa del dibattito sul Gramsci antistaliniano e sulla Noi avvenne nella seconda metà degli anni '60 proprio grazie all'intervento diretto di Leonetti - sotto pseudonimo - e da parte di giovani storici da Leonetti incoraggiati.
Posso però chiederti di credermi. Leonetti può aver sbagliato tantissimo a rientrare nel Pci nel dopoguerra, ma quando parlava con me e Antonella di quegli anni (diciamo del 1919-29 e del 1929-33/34) era di una sincerità a prova di bomba, era come se tornasse indietro nel tempo e si ritrovasse giovane, agguerrito, accanto a Gramsci e con a fianco la sua adorata compagna, Pia Carena, che era stata già fidanzata di Gramsci. Quel Leonetti là salvaguardava certamente una certa diplomazia nei rapporti con gli studiosi di storia del movimento operaio (tutti frequentavano casa sua, da Spriano a Broué, non ne mancò nessuno), ma con noi due era di una sincerità totale, quasi paterna. Ricordati che tenne a battesimo la nascita del giornale La Classe (organo della nostra Frazione marxista rivoluzionaria - che considero retrospettivamente il canto del cigno del «trotskismo» in Italia) e lasciò come testamento (nel 1982!) un appello accorato a favore dell'Utopia trotskiana e quartinternazionalista.
Alfonso Leonetti
Per ironia della storia, tra la redazione di quel testo e la sua morte nel 1984 si colloca la mia chilometrica relazione sulla necessità di costruire una Quinta internazionale, fatta nel 1983 a Firenze e solo di recente sbobinata e pubblicata per arricchire la discussione fra quanti cominciano solo ora a capire (dopo il 2010 - cioè dopo l'appello poi lasciato cadere da Chávez) la necessità di lavorare per una Quinta internazionale (di movimenti e non di partiti). Questo per dirti che Antonella Marazzi ed io (e altri compagni - tra i quali vale la pena di citare almeno Michele Nobile), pur volendo bene a Leonetti, non eravamo in sintonia politica con lui; per non parlare del disprezzo etico e politico che nutrivamo verso il movimento trotskoide di quegli anni '80: un processo degenerativo che ho analizzato e ricostruito in vari miei volumi, disponibili per la lettura di chi vuole capire e sui quali mi si possono chiedere tutti i chiarimenti che si desiderano.
Concludo facendoti ancora i complimenti per il tuo articolo sulla «misteriologia» gramsciana, e ti prego di considerare questa mia messa a punto come un arricchimento delle considerazioni che hai ritenuto utile fare su quella mia introduzione al Bollettino della Noi, che concepii di fatto come una ricostruzione documentata dei rapporti fra Trotsky e Gramsci.
Saluti fraterni,

Roberto [Massari]

agosto 2013


1 Franco Lo Piparo, L'enigma del quaderno. La caccia ai manoscritti dopo la morte di Gramsci, Donzelli, Roma 2013.
2 Giuseppe Fiori, Vita di Antonio Gramsci, Laterza, Bari 1966.

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.